Train Chronicles: I questuanti
Il pendolare e i questuanti
Il pendolare, nei suoi lunghi spostamenti, ha la possibilità di vedere, osservare, guardare. Di fronte a lui si presentano miriadi di cose, tanti accadimenti che si susseguono in una linea retta. Si guarda fuori dal finestrino e si segue un mondo. Si guarda all'interno della carrozza e se ne vede un altro. Una tipologia di persone che il pendolare incontra spesso è il questuante. La persona che chiede la carità, la persona che chiede una monetina per mangiare, per comprarsi il panino, per acquistare il biglietto del treno per tornare a casa.I professional
Una domanda che ci poniamo spesso quando incontriamo un questuante è se valga la pena regalare l'agognata monetina a questa persona che ha sicuramente una storia terrificante alle spalle o, semplicemente, racconta tale storia con grande convinzione. Personalmente, ogni anno che passa mi trovo sempre più in difficoltà per svariati motivi: uno di questi è che nel tragitto dalla stazione al lavoro, finché ho lavorato a Bologna in via del Pratello, arrivavo ad incontrare fino dieci-dodici questuanti fissi ogni giorno, cinque giorni a settimana per almeno quarantotto settimane all'anno. Quasi sempre le stesse persone. Io li ho sempre chiamati "i professional", per intendere persone che come attività principale fanno i questuanti. Il loro mestiere è quello. In generale, il mio personale pensiero in questi casi è sempre stato lo stesso: fare tre ore di viaggio al giorno, cinque giorni su sette, essere al lavoro per nove ore al giorno, lavorare per guadagnare un magro stipendio e dare una parte del suddetto magro salario al questuante? Quando se ne incontrano dodici, sempre presenti all'andata e al ritorno, la domanda che sorge spontanea è: già dare la monetina mi costa parecchio, ma a questo punto, a chi dovrei darla? La mia risposta è: non ai professional. Sono troppi, sono troppo presenti. Quello è proprio il loro mestiere, non un momentaneo momento di crisi economica. Almeno, questa è la sensazione che mi danno. Sembrerà un pensiero crudele, ma quando se ne vedono così tanti, come fare a riconoscere chi è davvero in seria difficoltà?Questuanti in stazione
Torniamo però al nostro ambiente preferito: il treno. I questuanti ci sono anche in treno, come sono presenti anche nelle stazioni. In stazione, infatti, ci sono alcune tipologie di questuanti che si alternano di binario in binario. Per un lungo periodo di tempo, alla stazione di Bologna c'era "la nonna". La nonna era un'anziana signora nemmeno troppo trasandata che passava la sua giornata davanti all'ingresso principale della stazione di Bologna. "Hai mille lire per la nonna?", diceva prima dell'avvento dell'Euro. Con l'introduzione dell'Euro, successivamente, la nonna seguì il trend globale e raddoppiò le tariffe passando da mille lire ad un euro tondo tondo: quasi il doppio, esattamente come avevano fatto i negozianti. Un'altra tipologia di questuanti della stazione sono i ragazzi: in genere hanno l'aria di drogati e chiedono sempre qualche spicciolo "per comprare il biglietto". Viaggiano davvero tanto, questi ragazzi. Cambiano sempre: c'è stato solo un periodo in cui ne ho incontrato uno che mi ha dato l'impressione di averci impiegato un mese per comprare il biglietto che lo avrebbe riportato da suo padre. Poco tempo dopo, anche lui è sparito. Infine, la tipica questuante professionale certificata è la zingara. Di solito a fare la spola tra i binari sono ragazze giovani, con ampie gonne colorate e il fazzoletto in testa. A volte alcune di loro intraprendono la questua itinerante, quella in cui si sceglie una tratta e tra una fermata e l'altra si chiede l'elemosina di carrozza in carrozza. Di solito effettuano tratte brevi: salgono in una fermata e scendono in quella successiva, poi tornano indietro. È un modo per non essere beccate dal controllore e rimanere comunque nella loro "giurisdizione".Questuanti in treno
Ad operare sui treni capitano anche altre figure: come le zingarelle, salgono ad una fermata, fanno tutte le carrozze e poi scendono ad un'altra fermata. Via così per tutto il giorno. Tra questi si possono annoverare i ragazzi sordi: ognuno di loro passa di carrozza in carrozza verso la testa lasciando su ogni sedile un bigliettino: "Sono sordo, ho bisogno di aiuto per mangiare, per la mia famiglia". Arrivati in cima tornano indietro per recuperare bigliettino ed eventuale offerta. Non parlano, quasi non ti guardano: se hai qualche monetina, bene. Se non ne hai riprendono il bigliettino e se ne vanno. Un altro tipo di questuante è il ragazzo dell'est. Ne ho incontrati tanti in quasi vent'anni di vita da pendolare e tutti mi hanno lasciato molti dubbi. Bosniaci? Rifugiati? O, come sempre, drogati? Non abbiamo un radar. Non possiamo mai sapere chi è davvero bisognoso. Come fare a scegliere? Adesso che non ho nessun reddito mi tornano in mente le tante monete da un euro che ho lasciato a questi ragazzi. Chissà se sono servite a fare la cosa giusta? Ricordo un ragazzo in particolare: lo vidi per un mese circa, sempre sui regionali. Ogni giorno chiedeva una moneta e io gliela davo. Pensavo che fosse davvero un rifugiato. Gli regalai cibo e monetine per molto tempo, quasi ogni giorno. Era tanto tempo fa, forse studiavo ancora. Ad un certo punto sparì e pensai che avesse cambiato orario. Qualche tempo dopo lo riconobbi, di nuovo in treno: era sempre lui, molto pallido, emaciato... e senza un braccio.chiara@grannyshouse
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Blogger e copyeditor, vive nel caos e ha sempre tante idee in testa.
Vegana, yogini, fa volontariato al Canile di Mirandola "Isola del Vagabondo" ed è donatrice AVIS.
Vizia senza vergogna i suoi Bimbis e sta cercando di imparare a cucinare in una maniera decente.
Ama scrivere ma deve ancora capire se ha troppo o nulla di importante da dire.
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