Privacy Policy
Train Chronicles

Train Chronicles: Neve!

reddittumblrmailSiamo proprio nel periodo giusto per parlare di neve e treni. Questa volta voglio raccontare della simpatica nevicata dello scorso anno a marzo: una nevicata che tutti noi pendolari ricordiamo con affetto e una punta di nostalgia. Era un mercoledì e già dalla mattina nevicava: io, tuttavia, ancora non avevo cominciato ad allarmarmi. Ero al lavoro a Bologna e ogni tanto guardavo fuori dalla finestra. La neve sembrava non posarsi. Dopo il pranzo cominciai a notare che, invece, i fiocchi stavano diventando più grandi. L'unica cosa da fare era controllare la situazione dei treni su Viaggiatreno, probabilmente l'unico tool utile fornito dal sito di Trenitalia. La situazione indicata dal sito per la stazione di Bologna stava diventando preoccupante: man mano che passavano i minuti sempre più treni venivano cancellati. Temendo di rimanere bloccata a Bologna, dove ritengo di rimanere fin troppo e dalla quale mi voglio allontanare ogni giorno prima possibile, chiesi di poter uscire prima e intrapresi la lunga marcia verso la stazione. Da via del Pratello alla Stazione non fu stato facile: a quanto pareva, però, ero riuscita a trovare l'unico autobus 25 in circolazione. Avevo i superanfibi da militare, il pile e il piumino. In quel momento non temevo il freddo. Mi recai al piazzale ovest della stazione, dal quale di solito partono i treni Bologna-Brennero, e qui iniziai una lunga attesa. Erano circa le 16.30. Sul binario 1 centrale un intercity per Milano sembrava in procinto di partire già dalle 16. Ad attendere un treno per tornare vidi anche una ragazza che conoscevo di vista: abitava a Crevalcore e doveva andare a casa ad allattare il secondogenito. Man mano che passavano i minuti mi sembrava che il ritardo del primo treno per Poggio Rusco stesse aumentando un po' troppo, tanto che sul display dei treni in partenza rimaneva in cima alla lista, come dimenticato. Stare fermi sul piazzale ovest, per quanto si sia vestiti bene, fa venire davvero un gran freddo. Le estremità cominciavano a intorpidirsi: per quanto mi muovessi avanti e indietro, non riuscivo più a scaldare le punte dei piedi e le dita delle mani. Il naso sembrava ormai perduto per sempre. Aveva cominciato a girare la voce che stessero approntando un autobus che si sarebbe fermato a Crevalcore. Dove fosse, non si sa tutt'ora. La ragazza di Crevalcore cominciò ad andare dentro e fuori alla stazione, finché ad un certo punto non la persi di vista definitivamente. In situazioni del genere in cui nessuno sa niente e la disperazione avanza, l'essere umano riscopre il senso di appartenenza ad una specie animale e fa branco. Quando viviamo situazioni di disagio le persone che vediamo ogni giorno sul treno, pendolari come noi ma inesorabilmente estranee,  si trasformano d'un tratto in un alleato contro il sistema. Nel nostro caso, si stava formando un capannello di protesta capeggiato da un signore di San Giovanni in Persiceto che intendeva andare con tutta la neoformata ciurma a protestare "da chi comanda". Nel frattempo, come da manuale, anche io ero stata colta da un senso di appartenenza ad un comune tragico destino: un destino che stavo cominciando a condividere con due ragazze che vedevo spesso in treno ma con cui non avevo mai parlato: Alice e Sara. In queste situazioni, l'approccio nasce dalla domanda, la cui risposta è scontata: "Ciao! Sei di Mirandola?". E ogni volta ognuno pensa, secondo me, "Certo che sono di Mirandola, mi vedi tutti i giorni!". Immagino che siano le stesse gioie che si provano quando si conversa del tempo in ascensore. Insieme a queste due ragazze, speranzose quanto me, salii su quello che avrebbe dovuto essere il Vivalto delle 18.40. Ci sedemmo tutte e tre, contente di essere finalmente al caldo, e certe che saremmo partite a breve. Molti continuavano a restare in piedi, convinti che esistesse un altro treno in procinto di partire. Il capannello di protestanti si era intanto avviato a protestare, appunto, rischiando però di perdere quel prezioso posto sul Vivalto. Ma facciamo una piccola digressione. Dovete sapere che Trenitalia ha ideato un geniale "Piano Neve": proprio lo scorso anno abbiamo potuto vederne gli effetti e la straordinaria efficacia. Dal mio arrivo al piazzale ovest della stazione, infatti, tutto quello che potevo vedere era che man mano che rientravano i treni della nostra linea Bologna-Poggio Rusco, questi venivano chiusi e rimanevano nel limbo del binario. Sul tabellone, il numero dei treni in partenza si accumulava e, allo stesso modo, si accumulavano per ciascuno i minuti di ritardo. Poi, dopo qualche tempo, il treno in partenza inizialmente segnalato in ritardo veniva cancellato o soppresso (tecnicamente non so se sia la stessa cosa, ma il significato per il viaggiatore è sempre lo stesso: il treno non parte e lui, viaggiatore, resta lì, non viaggia per niente). Il geniale "Piano Neve", infatti, prevede che tutti i treni in circolazione debbano rientrare a Bologna, in modo da lasciare libera la strada ai treni Alta Velocità. Chiaro, semplice, lineare. Dopotutto, se in una stazione può esserci il club "Freccia_quello_che_è" in cui puoi entrare solo se titolare di "Freccia_quello_che_è_Card" e tu, sporco pendolare regionale, te ne stai ad aspettare sul binario o, se vuoi, in quel luogo meraviglioso che è la sala d'aspetto (in cui sei vip a modo tuo, perché puoi entrare solo se hai un biglietto), non ti aspetterai certo che parta prima il tuo treno? Non scherziamo, dai. Alta Velocità prima di tutto. Immagino che lo stesso valga per Italo, questo meraviglioso mezzo in cui non hai la prima classe, ma l'ambiente smart (in fondo al treno). Ma torniamo a noi. Sembrava davvero tutto risolto. Eravamo sedute, eravamo tranquille, ci scambiavamo i numeri di cellulare e i cellulari stessi per fare chiamate, perché ovviamente quando ne hai bisogno il tuo cellulare è sempre scarico e il caricabatterie non è dove sei tu. La mia fortuna, quella sera, è stato dare a Sara il mio cellulare proprio per chiamare il suo papà. Ad un certo punto, ricevetti la chiamata della mia amica yogina Federica. Mi disse di avere la possibilità di un passaggio fino a Crevalcore per una persona sola, perché la sua collega bolognese la voleva accompagnare a casa o, almeno, vicino a casa. C'era posto solo per me, se avessi accettato, perché c'era un'altra ragazza e il terzo posto disponibile era occupato dal seggiolino della bambina della collega bolognese. L'ardua decisione: lasciare le mie due nuove compagne di viaggio, alle quali mi ero ormai affezionata, e partire con Federica, o rischiare di non arrivare mai più a casa ad un'orario decente? Parlai con le due ragazze. Erano già le 19 passate, ma sembrava che quel Vivalto fosse davvero in procinto di partire, la gente ci stava credendo, erano tutti già saliti. Decisi di andare con Federica. Salutai le mie due ragazze con una punta di dispiacere, temendo che non arrivassero presto come me. Quanto avevo ragione! Inutile che vi dica che quel treno non è mai partito e che ancora oggi il senso di colpa mi attanaglia (beh, non esageriamo!). I poveri passeggeri dell'Intercity per Milano in sosta sul binario 1 che avevo visto alle 16.30, nel frattempo, alle 19 erano infine scesi perché era stato loro comunicato che quel treno non sarebbe mai partito. Quante aspettative perdute! Ma, almeno, loro erano rimasti al caldo. Attraversai il piazzale ovest, uscii e vidi Federica. Guidò me e l'altra ragazza alla macchina della sua collega bolognese e da lì cominciò un lungo viaggio verso Crevalcore. Ancora oggi penso con grande ammirazione a questa ragazza che si è avventurata lungo strade piene di neve, scivolose, insidiose, pericolose. I fari si coprivano di neve, che scendeva senza sosta, la visibilità era modesta. Ogni tanto per strada incrociavamo un'auto finita nel fosso. Lentamente, arrivammo a Crevalcore: il compagno di Federica, Giacomo, da lì mi accompagnò fino a casa. Tutt'ora sono infinitamente ai due ragazzi del loro aiuto. Se non fosse stato per loro, avrei impiegato tantissimo tempo a tornare. Guadagnai la porta della cucina alle 21.30. Non riuscendo a contattare Alice, l'unica che avesse con sé un cellulare ancora carico, provai a chiamare il papà di Sara, di cui avevo salvato il numero in rubrica. Dopo un paio di telefonate, mi fece sapere che le ragazze erano appena partite e che stavano bene. Il mio senso di colpa era grande, almeno quanto il senso di congelamento dei miei piedi. Alle 23 passate, Alice mi mandò un sms che diceva semplicemente che erano arrivate a Mirandola. La storia era andata così: prese dai morsi della fame, le due ragazze erano scese dal Vivalto per prendere qualcosa da mangiare. Sul tabellone era segnalato non il Vivalto su cui erano salite, ma un treno per il Brennero (quello delle 18.10) su un altro binario: sembrava fosse davvero in procinto di partire. Fecero una scelta: salirono sul nuovo treno. E per fortuna! Il nuovo treno verso la salvezza in effetti partì molto dopo, ma nel frattempo il Vivalto su cui prima eravamo salite tutte e tre era stato cancellato. Alla fine di tutto, io e Alice siamo diventate compagne di viaggio. A volte, vediamo Sara che viene a Bologna a fare un esame, o per andare a lezione. Sul mio cellulare, la rubrica riporta due nuove entry: "Sara del treno disastrato" e "Alice Treno". Storie come questa ti lasciano un segno. Non è come un segno indelebile come la morte, ma è comunque una brutta esperienza, nonostante i risvolti positivi che hanno portato alla nascita di un'amicizia. Quando vediamo cadere la neve, pensiamo già che dobbiamo cominciare a controllare quanti treni vengono cancellati, e che dobbiamo rientrare presto per poter sperare di arrivare entro la notte. Sappiamo che il famigerato "Piano Neve" è il male supremo e che se viene attivato per noi sono cazzi amari. Quando cade la neve, la cosa migliore è rimanersene a casa.
chiara@grannyshouse

chiara@grannyshouse

Blogger at Granny's House
Blogger e copyeditor, vive nel caos e ha sempre tante idee in testa.
Vegana, yogini, fa volontariato al Canile di Mirandola "Isola del Vagabondo" ed è donatrice AVIS.
Vizia senza vergogna i suoi Bimbis e sta cercando di imparare a cucinare in una maniera decente.
Ama scrivere ma deve ancora capire se ha troppo o nulla di importante da dire.
chiara@grannyshouse
Seguici su: Facebooktwittergoogle_pluspinterestrssyoutubetumblrinstagram

2 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.