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Racconti

Codice Rosso – L’esame

reddittumblrmailQuella mattina era proprio contento. Sì, contento-contento. Sua moglie finalmente era in pensione! Gaudio e gioia. Aveva atteso questo giorno da tanto tempo! D’ora in poi non sarebbe più rimasto solo a casa a sfacchinare come un mulo, ma soprattutto Martina avrebbe condotto una vita più regolare e umana. Negli ultimi anni aveva temuto per il suo equilibrio psichico. C’erano stati periodi convulsi, in cui si alzava prestissimo per organizzare le sue innumerevoli attività: la scuola, le ore di recupero pomeridiano, il laboratorio teatrale, il catechismo. Tutto con precisione maniacale, con un’efficienza assoluta, che tutti lodavano. Lui solo conosceva il prezzo crudele di quell’apparente perfezione: la spossatezza serale, lo sprezzo per la sua salute, l’insoddisfazione per l’aiuto domestico che tentava di darle, l’ansia per i problemi. Spesso non gli rimaneva altro che brontolare, nel vano tentativo di rallentare il folle ritmo della sua vita. Adesso, finalmente, si sarebbe calmata un po’. Si sarebbe dedicata alla casa, al giardinaggio, alla figlia. Senza fretta, con serenità. In definitiva avevano superato le difficoltà familiari più gravi, la malattia, la morte dei genitori, la casa e il lavoro per Giovanna. Un po’ di pace, finalmente. Beh, lo sapeva che i problemi non finiscono mai, però pensava di essersi meritato una tregua, un conforto. Avrebbero potuto fare qualche viaggetto, concedersi una vacanza fuori stagione, lavorare insieme nell’orto. Martina non gli avrebbe più lasciato la responsabilità dei pasti quotidiani, non avrebbe più sbuffato della sua inadeguatezza. Ah, liberarsi della cucina era un gran sollievo! Lei gli diceva: "Verso l’arte culinaria hai lo stesso blocco che ho io verso la tecnologia e l’informatica: insicurezza, disorientamento, mancanza di intuizione! Eppure è facile cucinare! “ Sì, facile! Lui sapeva solo scaldare surgelati e zuppe in scatola! Certi giorni, se non ci fosse stata la risorsa del banco dei cibi pronti al supermercato, non se la sarebbe proprio cavata! Lei invece era brava: in poco tempo sapeva preparare piatti molto buoni. Tradizionali, però: cucinava quello che aveva imparato da sua madre, i cibi della cucina emiliana, in chiave dietetica per la salute e la linea. Anche la sua attività di volontario sarebbe stata avvantaggiata: prima i tempi erano stretti, il martedì e il venerdì, quando lui tornava, lei stava uscendo. Non sarebbe mai riuscito, come quel giorno, a sostenere il sabato mattina l’esame per il personale non sanitario addestrato, perché doveva fare la spesa ed era di corvée per le pulizie. Adesso, invece… Alle 9 c’era l’esame di BLSD. L’Associazione ONLUS "Insieme per il cuore" aveva organizzato un corso per la cultura della emergenza cardiologica, per educare i volontari del Pronto Soccorso ad attuare rapidamente le manovre di rianimazione cardiopolmonare e la defibrillazione cardiaca precoce. Vittorio l’aveva seguito per stare aggiornato; per lui era già il quinto. Era esperto di BLS (in italiano, supporto di base alle funzioni vitali), sapeva fare il massaggio cardiaco e usare il DAE (defibrillatore semiautomatico esterno), tuttavia riteneva suo dovere esercitarsi con continuità, per perfezionare il rispetto delle norme di sicurezza e la corretta attuazione delle procedure. I medici erano arrivati in ritardo nella sede di San Faustino e la sala era affollata di persone in divisa. Il manichino per le prove del BLS era già pronto a terra. Era uno strumento straordinario: la serie di sensori di cui era dotato aiutavano a valutare o correggere le manovre svolte dai candidati-soccorritori. Non si poteva utilizzare a scopo didattico un corpo umano, perché le tecniche da attuare erano invasive e non era raro che potessero provocare la frattura di qualche costola. Era il dodicesimo dell’elenco; avrebbe dovuto aspettare. Diede una scorsa ai nominativi davanti al suo: tutta gente che conosceva, Vincenzo era terzo, Giancarlo settimo. Si dispose ad aspettare il suo turno; lo interessavano in particolare le domande degli esaminatori, perché avrebbe potuto ripassare mentalmente la terminologia medica specifica. Dopo due ore era ancora lì. Era stanco, si stava facendo tardi, ma c’era una sola persona davanti a lui. Forse sarebbe stato a casa per mezzogiorno. Invece capì subito che la prova di quel candidato sarebbe stata difficile: era una persona sui sessantacinque anni,  piuttosto corpulenta. I suoi movimenti erano lenti, impacciati. Prima di rispondere, guardava l’esaminatore con gli occhi socchiusi. Il dottor Messina gli chiese di procedere all’apertura delle vie aeree. L’uomo pose la mano destra a piatto sulla fronte del manichino e spinse all’indietro la testa. Con due dita della sinistra sollevò la mandibola indirizzando il mento verso l’alto. Bene. Il medico gli chiese di continuare. Il volontario mantenne il capo in tensione, si dispose con la guancia molto vicino alla bocca aperta del manichino e verificò la presenza o meno di attività respiratoria. Era una manovra detta tecnicamente GAS, da realizzarsi in dieci secondi. Lui ne impiegò venti. Il dottor Messina gli chiese cosa avrebbe fatto se il soggetto non avesse respirato normalmente. L’uomo rispose che avrebbe chiamato immediatamente il 118 e chiesto un DAE, poi avrebbe iniziato la rianimazione cardio-polmonare. L’esaminatore gli chiese di iniziare il massaggio cardiaco. Il candidato pose la mano sinistra al centro del torace del manichino, sovrappose l’altra mano alla prima ed   intrecciò le dita. Iniziò le compressioni con le braccia tese, comprimendo il torace ed abbassando lo sterno di quattro centimetri. Incominciò a contare. Alla trentesima compressione, effettuò due insufflazioni d’aria, con la tecnica della ventilazione bocca a bocca. Tutto procedeva bene. Vittorio si distese, si era preoccupato per nulla. È vero, gli era sembrato affaticato, ma aveva eseguito correttamente le procedure. Un po’ di sudore era normale. Gli fu richiesto di utilizzare il DAE. Il candidato accese il dispositivo, fissò i due elettrodi adesivi e li collegò all’apparecchio. Adesso la sua carnagione si era fatta di un rosso acceso e grosse gocce imperlavano la fronte. Il DAE andò automaticamente in analisi, annunciò “shock consigliato" e si caricò in pochi secondi. Emise un suono di allarme ed invitò con comando vocale ad erogare lo shock. Il candidato fece per premere il pulsante. Il dottor Messina lo fermò: "Basta così. Lei non è idoneo. Non ha rispettato due norme di sicurezza molto importanti: non si è accertato che la cute del paziente fosse bagnata (lei aveva sudato abbondantemente) e non ha gridato a tutti i presenti di allontanarsi dopo aver collegato gli elettrodi. Durante le fasi di analisi ed erogazione dello shock nessuno deve essere a contatto col corpo della vittima. C’è il rischio di passaggio di corrente all’operatore e agli osservatori, pericoloso per la loro incolumità. Inoltre l’uso del defibrillatore non è sicuro se la cute del paziente è bagnata, perché il liquido potrebbe condurre la corrente in superficie e ridurre la quantità di energia diretta al cuore. Potrebbe provocare ustioni e non sarebbe efficace per ristabilire il ritmo cardiaco normale." Il volontario rimase perplesso; balbettò : "Capisco, mi spiace… Peccato, volevo essere d’aiuto…" Il medico abbandonò il tono didattico e sorrise: "Lei continuerà a fare il soccorritore, non si preoccupi! Abbiamo bisogno di gente motivata come lei, per lottare contro l’arresto cardiaco ! Ogni anno ne viene colpita una persona su mille e si verificano complessivamente circa 55.000 casi solo in Italia. Il numero dei decessi è di gran lunga superiore alle morti per tumore, AIDS o incidenti stradali. La Defibrillazione Cardiaca Precoce permette la sopravvivenza in caso di arresto cardiaco improvviso ed extraospedaliero e la Legge 120/2001 consente l’utilizzo del DAE anche a personale non sanitario, ma è fondamentale il rispetto delle norme di sicurezza e l’addestramento accurato per consentire l’uso di tale dispositivo. “ Il candidato non idoneo non nascondeva la sua delusione, ma disse sottovoce: "Grazie, dottore. Seguirò un altro corso e mi ripresenterò. Mi preparerò meglio per la prossima volta." L’esaminatore gli fece un cenno di incoraggiamento e passò all’esame successivo. Vittorio fece un passo avanti. “Ciao, Vittorio! Bravo, sempre in campo. Dai, mostrami la procedura della “Catena della sopravvivenza"! " Eseguì il soccorso in modo inappuntabile; il dottor Messina firmò la tessera e aggiunse il suo nome alla scheda delle valutazioni. Vittorio ringraziò e salutò. Finito. Era ora di ritornare a casa. Mentre lasciava la sala e faceva un cenno agli amici, posò gli occhi sul candidato bocciato. Gli dispiaceva per lui. In auto pensò a se stesso e alla sua vecchiaia. Aveva sessantatré anni e qualche acciacco. I nervi, i reumatismi, la circolazione. Non era più un giovanotto, anche se era ancora forte. Per quanto tempo ancora avrebbe potuto fare il soccorritore –autista volontario? Si poteva far parte di un equipaggio di soccorritori finché lo consentivano le forze, ma la normativa stabiliva il limite di settanta anni di età per gli autisti. Vittorio fin dai primi anni aveva seguito le pratiche delle assicurazioni e avrebbe continuato a farlo; i più anziani prestavano servizio al centralino della sede. Beh, aveva ancora qualche anno davanti a sé, se tutto filava liscio. Quella vita gli piaceva, arricchiva la sua umanità, lo rendeva partecipe. Quando sarebbe arrivata la fine, sarebbe andato davanti al buon Dio. "Che hai fatto nella vita?" gli avrebbe chiesto. "Ho lavorato e ho amato la mia famiglia" avrebbe risposto. "Tutto qui? "avrebbe ribattuto lui. Allora avrebbe aggiunto: "Ho fatto l’autista–soccorritore volontario per trent’anni" Dio Padre lo avrebbe accolto nella sua luce, nonostante fosse stato un peccatore. Ci credeva, Vittorio, all’altra vita, quella vera, senza limiti di età, infarti, tumori ed incidenti stradali [socialring]
Franca

Franca

Appassionata di storia, è stata insegnante di Lettere alle scuole medie dal 1975 al 2011, quando è andata in pensione.
Scrive racconti, si occupa di volontariato e ha un grande amore per le piante e i fiori.
Autodidatta nella coltivazione delle piante, si impegna a mantenere un approccio bio nella cura del giardino.
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