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Racconti

Codice Rosso – Castaldini

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Pico 2

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Mariano Castaldini era uno dei fondatori dell’A.N.P.A.S. di Roverbella. Cinquantenne, basso, grasso,capelli e occhi scuri. Una faccia della Bassa Emiliana, ma sempre gioviale e sorridente. Eclettico, creativo, grande organizzatore, disponibile nel cuore e nell’anima per qualsiasi iniziativa generosa e solidale. Una persona a cui tutti si avvicinavano con gioia, perché simpatico, umile, alla mano. Vittorio lo chiamava solo “Castaldini” e lo prendeva in giro senza pietà per la sua pinguedine, conseguenza della grande passione per la cucina emiliana, a cui non disdegnava di aggiungere anche piatti di altre tradizioni e di fast food. Era più largo che alto e teneva la giacca della divisa sempre aperta, per la semplice ragione che non riusciva a chiuderla. Era perseguitato da lazzi e battute per il suo peso. La più ricorrente era che nessun volontario sarebbe mai riuscito a sollevarlo se fosse crollato a terra per un malore improvviso. Sempre a dieta, i suoi sforzi erano vanificati dal lavoro sedentario (lavorava in banca) e dalla mancanza di esercizio fisico. Nella buona stagione non andava mai in bicicletta, ma si spostava con un minuscolo ed eroico scooter, la cui velocità era fortemente rallentata dal peso del motociclista. Anche il piccolo scooter era oggetto di ironia e risate a non finire. La bontà d’animo di Castaldini era proverbiale. Ti trovavi in difficoltà perché dovevi liberare una casa in seguito alla morte di un parente? Lui era lì, pronto ad aiutarti con una squadra di ragazzi immigrati che sosteneva. L’associazione aveva bisogno di finanziamento? Lui organizzava in quattro e quattr’ otto una maccheronata in piazza per raccogliere fondi. Nei telegiornali si diffondeva la notizia della povertà degli orfanotrofi in un paese dell’Est Europa? Lui partiva con un camion di aiuti raccolti per tutta la città. Castaldini non era sempre stato Castaldini. Udite, udite! Un tempo lontano era stato magro, un giovane come tanti altri, con una vita semplice e monotona. Un giorno Vittorio aveva saputo il suo segreto. Erano stati chiamati in via delle Mura in codice rosso. C’è sempre il codice rosso se si tratta di un bambino. Embolìa polmonare. IL bambino era disteso sul letto, svenuto. Doveva avere sei-sette anni, era robusto, il viso rosso e bagnato di sudore. Il dottor Bellesia lo visitò e controllò la pressione sanguigna e le zone più sensibili delle gambe. C’erano ecchimosi ed arrossamenti, perché aveva giocato una partita di calcio con gli amici. I compagni avevano detto che si era sentito mancare il fiato all’improvviso. Il battito cardiaco era debole. Il medico gli somministrò una dose di eparina e un fibrinolitico. La situazione era critica. Bisognava trasportarlo al più presto in ospedale e procedere alla rimozione dell’embolo. Prepararono la barella a cucchiaio, immobilizzarono il bambino e lo caricarono sul mezzo. Il medico sedette accanto al paziente e fece segno a Castaldini di salire con lui. Vittorio notò che il suo viso era impallidito e che i suoi occhi erano velati. “Ho un crampo alla gamba !” disse al dottor Bellesia “È meglio che guidi lui.“ Castaldini si mise al volante dell’ambulanza e li portò al Pronto soccorso in pochi minuti. La paratìa mobile si aprì, l’ambulanza entrò nella camera calda. Loro si precipitarono a scaricare la barella, che trasportarono nel Pronto soccorso. Due infermieri accorsero e presero in consegna il paziente, seguiti dal medico. Uscirono. C’era già un’altra chiamata al radiotelefono. Questa volta erano solo in codice giallo. Ripartirono. Durante il tragitto, mentre compilava la scheda, Vittorio chiese all’amico: “Ti sei sentito male?  Va tutto bene?” L’altro borbottò qualcosa che non capì bene. Decise di non insistere e si concentrò sulle carte. Più tardi, quando ebbero finito il servizio, ne parlò con Vincenzo. Gli descrisse l’accaduto e lo strano comportamento di Castaldini, veramente inusuale. “Come, non lo sai? Suo figlio, il primo, è stato colpito da embolìa polmonare all’improvviso, quando aveva solo cinque anni. È successo tanti anni fa. Allora non esistevano i cateteri miniaturizzati da inserire nei vasi sanguigni e purtroppo è morto. Lui non ne parla mai, deve essere stato un trauma tremendo. Probabilmente oggi qualche particolare gli ha risvegliato il ricordo e ha rivissuto l’angoscia di quella esperienza.” Già, adesso si spiegava tutto. Un dolore segreto aveva segnato la sua vita e gli aveva fatto cambiare la rotta. Non si era chiuso ed isolato dagli altri; aveva imboccato la strada della solidarietà e dell’aiuto ai suoi simili nella sofferenza e nella malattia. Aveva cercato nell’attivismo e nel volontariato l’unico conforto possibile, l’unica possibilità per continuare a vivere. Come tutti, Vittorio si era chiesto qualche volta perché Dio permettesse il male. Soprattutto agli innocenti, ai bambini. Eppure quello che tutti trovavano ingiustificabile e crudele forse aveva un obiettivo, sia pure nella mente imperscrutabile di Dio. L’uomo non deve avere la presunzione di capire tutto, la logica umana non è in grado di capire quella divina. Senza quel tassello iniziale, il puzzle della vita di Castaldini sarebbe stato diverso e lui forse non avrebbe illuminato il mondo con la sua luce. Perché ognuno ne ha una sua, diversa da quella degli altri, ma tutte insieme si armonizzano nell’arcobaleno dell’essere.
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Franca

Franca

Appassionata di storia, è stata insegnante di Lettere alle scuole medie dal 1975 al 2011, quando è andata in pensione.
Scrive racconti, si occupa di volontariato e ha un grande amore per le piante e i fiori.
Autodidatta nella coltivazione delle piante, si impegna a mantenere un approccio bio nella cura del giardino.
Franca

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